ALLA SCOPERTA DEL CASTELLO DI ROCCABIANCA
Al castello di Roccabianca non si arriva per caso, non lo troverete lungo la strada maestra spostandovi da un piccolo comune ad un altro, non si staglia maestoso su uno sperone di roccia e non lo si può vedere da lontano, nascosto com’è dalla fitta fila di tigli che formano il lunghissimo viale visibile dalla provinciale che va da Parma a Cremona. Ma se vorrete lasciare per un attimo la strada principale e immergervi nella Bassa parmense, il castello di Roccabianca saprà sicuramente sorprendervi.
Arrivando nella piazza centrale, l’attenzione è catturata dalla particolare forma dei portici disposti a di ferro di cavallo. Fino a qualche decennio fa essi ospitavano le botteghe principali del paese, dal negozio di alimentari dove si poteva trovare un po’ di tutto alla farmacia con gli albarelli dipinti di bianco e di blu che facevano bella mostra sugli scaffali in legno. Anticamente questo spazio era occupato dalle scuderie del castello o “Rocca” – così come la costruzione viene ancora oggi chiamata dagli abitanti di Roccabianca – eretta nella seconda metà del XV secolo per volere di uno dei più potenti feudatari della zona, Pier Maria Rossi detto il Magnifico.
Dopo avere oltrepassato il rivellino di ingresso si accede al cortile tramite un ponte in muratura, che in passato fu sicuramente levatoio. Alzando lo sguardo mentre si cammina, si scoprono ancora oggi ben visibili gli alloggiamenti dei bolzoni che servivano per sollevare il ponte in legno. In posizione leggermente decentrata, nel cortile, si erge possente da oltre cinquecento anni il mastio, la torre di vedetta principale, che serviva come ultimo rifugio in caso di assedio. La sua forma a corpi sovrapposti, una sorta di doppia torre costituita da volumi di grandezza decrescente, ricorda la torre del Filarete, che Pier Maria Rossi ebbe sicuramente modo di ammirare al Castello Sforzesco durante i numerosi soggiorni milanesi.
UN CONSIGLIO
Se potete, venite a visitare il castello di Roccabianca in autunno, quando la vite americana che copre le pareti del cortile si accende di numerose varietà di rosso, dal più cupo al più acceso, riempiendo di gioia inaspettata gli occhi di chi decide di scoprire cosa si celi dietro le possenti mura del castello.
Volgendosi a sinistra, lo sguardo incontra un bellissimo porticato con colonne e affreschi, da pochi anni riscoperti perché a lungo nascosti da una pesante scialbatura di calce stesa nel XVII secolo per disinfettare gli ambienti al sopraggiungere di una delle numerose epidemie di peste. Gli affreschi recuperati mostrano motti che inneggiano all’amore e alla pazienza. Come simbolo della pazienza troviamo il nespolo selvatico (Mespilus germanica) che ha la caratteristica di maturare solo ad autunno inoltrato, l’ultimo fra tutti i frutti.
La relazione tra il fondatore del castello e la nobildonna Bianca Pellegrini da Como, moglie di Melchiorre d’Arluno, ebbe una grande influenza sulla committenza artistica di Pier Maria Rossi sia a Roccabianca che in altri luoghi del feudo rossiano, ispirando cicli pittorici tra i più straordinari del Quattrocento italiano. Le decorazioni del castello di Roccabianca rimandano costantemente all’amore tra il suo costruttore e la nobile amante, alla quale il castello fu infine lasciato in eredità, come rivelato dal testamento del 1464 e da un atto notarile redatto 3 anni dopo.
Ancora oggi c’è chi si chiede se il nome di Roccabianca, che fa la sua comparsa nei documenti dopo la metà del Quattrocento sostituendo l’antico nome di Rezinoldo o Arzenoldo (argine alto), non sia da ritenersi un omaggio alla bella milanese piuttosto che al colore degli intonaci del castello.
È ARRIVATO IL MOMENTO DI ENTRARE…
Superato il porticato, da una piccola porta situata nell’angolo sud-orientale, si entra nella torre che racchiude la suggestiva “camera picta”. Gli affreschi delle pareti narrano la storia dell’umile ma virtuosa contadina Griselda sottoposta dal marito a prove durissime per testarne fedeltà e pazienza, esempio dell’obbedienza dovuta dal vassallo al proprio signore e probabile monito alla pazienza rivolto da Pier Maria Rossi all’amata Bianca Pellegrini.
Attraverso un ambiente piuttosto spoglio – probabilmente l’antico ingresso al maniero – si passa in una stanza decorata in epoca più recente, tra la fine del XVI e gli inizi XVII secolo, quando il castello di Roccabianca passò alla famiglia Rangoni di Modena, come rivelato dalle conchiglie in stucco della volta. Gli affreschi di questa sala, sono l’ultima grande scoperta del castello. Sino al 2002 si trovavano infatti ricoperti da intonaci stesi nel ‘900.
Usciti dalle stanze, se è una bella giornata e siete abituati a scalare le torri, avventuratevi sulle scale del mastio, fino in cima, per ammirare il paesaggio a 360 gradi… se è particolarmente limpido, potreste riuscire a vedere persino il Torrazzo di Cremona!
Per premiarvi della fatica della salita, alla fine gustatevi un piccolo assaggio di grappa o liquore, gentilmente offerto dalla proprietà del castello. Nocino, Bargnolino, Sburlon, Erba Luigia, liquori tipici fatti con erbe, noci e frutti del luogo, ma anche grappe e pregiati brandy invecchiati nelle cantine della rocca.
Il castello di Roccabianca, oggi di proprietà privata, fu acquistato nel 1968 dal Cav. Mario Scaltriti che lo individuò quale luogo adatto per l’invecchiamento dei distillati prodotti dalla azienda Faled e decise, in seguito, di promuoverne i restauri e l’apertura al pubblico, avvenuta a partire dalla primavera del 2003.
Vi aspettiamo, non appena sarà possibile, per scoprire i tesori della Bassa parmense e per assaporarne le prelibatezze gastronomiche senza fretta, seguendo il ritmo lento del Grande Fiume.