Prati stabili e Parmigiano Reggiano

Prati stabili e Parmigiano Reggiano

PRATI STABILI E PARMIGIANO REGGIANO

I prati stabili sono sempre stati un importante elemento dell’economia e del paesaggio del comprensorio di produzione del Parmigiano Reggiano.

Come stabilito dal “Disciplinare di produzione del Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano “, la produzione del latte e la trasformazione del latte in formaggio può avvenire esclusivamente all’interno del territorio di produzione, nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna (alla sinistra orografica del fiume Reno) e Mantova (alla destra orografica del fiume Po).

L’alimentazione delle bovine destinate alla produzione di latte per la trasformazione in Parmigiano Reggiano si basa sull’impiego di foraggi del territorio di produzione: almeno il 75% della sostanza secca dei foraggi utilizzati deve essere prodotto all’interno del territorio di produzione e almeno il 50% deve essere prodotto sui terreni aziendali purché ubicati all’interno del territorio di produzione. Nella razione giornaliera, inoltre, almeno il 50% della sostanza secca dei foraggi deve essere apportata da fieni.

Il motivo per cui non è possibile “riprodurre” il Parmigiano Reggiano al di fuori della sua zona d’origine è legato a due fattori fondamentali e correlati: la flora lattica e il fieno. Per quanto riguarda la flora lattica ogni zona della terra ha una sua particolare composizione percentuale dei vari ceppi batterici presenti nel suolo e tra questi anche quelli appartenenti alla famiglia dei batteri lattici. Il processo di fienagione porta più volte il foraggio a contatto con il terreno determinandone il conseguente arricchimento con la flora lattica naturalmente presente sui prati. Il fieno diventa in questo modo, oltre che un alimento, un mezzo di trasporto della flora lattica dal terreno alla stalla e dalla stalla al latte.

Il foraggio derivante dallo sfalcio dei prati stabili polifiti è la risorsa più antica per l’alimentazione delle bovine da latte per la produzione di Parmigiano Reggiano: troviamo riferimenti ai prati stabili sin dal secolo XII e all’interno del comprensorio si possono ritrovare prati risalenti al 1700.

Il prato stabile polifita è una coltivazione agraria di specie erbacee non soggetta ad avvicendamento con altre colture e per la quale non sono previsti interventi agronomici di aratura per eseguire semine. Il mantenimento del cotico erboso e della produttività è garantito attraverso lo sfalcio, l’irrigazione (in pianura), la concimazione organica e la propagazione spontanea delle specie. Si tratta cioè di una coltivazione erbacea che viene lasciata a vegetazione spontanea per moltissimo tempo, da un minimo di 10 anni fino anche a centinaia di anni, che non ha bisogno di successive semine artificiali, in quanto la propagazione delle specie è garantita da meccanismi naturali. È proprio grazie alla propagazione spontanea delle specie che i prati stabili polifiti presentano una varietà elevata di essenze vegetali.

Da un’analisi condotta, dal 2005 al 2007, dal Centro ricerche produzioni animali (CRPA) di Reggio Emilia, sappiamo che le essenze vegetali presenti nei prati stabili polifiti Bibbianesi sono almeno 63 e tra le specie più frequentemente rinvenute si trovano: Margheritina, Stellaria Pelosa, Vilucchio, Gramigna, Erba Mazzolina, Digitaria, Festuca, Loiessa, Loietto, Erba medica, Lingua di cane, Acetosa, Romice, Setaria, Stellaria, Piscialetto, Trifoglio violetto, Trifoglio bianco, Occhi della Madonna, Millefoglio, Gramigna, Dente di Cane, Aglio Selvatico, Coda di volpe, Amaranto, Avena altissima, Artemisia, Borsa del pastore, Farinaccio, Cicoria, Carota selvatica, Geranio, Edera terrestre, Fior d’ortica, Finestrino, Fior del cucco, Latte di Gallina, Corriggiola, Potrntilla, Salvia, Strigoli, Crespino, Barba di becco.

I prati stabili possono essere sfalciati freschi e quindi somministrati “verdi” direttamente al bestiame, da aprile a novembre, oppure affienati e conservati per l’impiego successivo in stalla. Per quanto riguarda la produzione di fieno, i quantitativi variano a seconda dell’andamento stagionale e delle cure colturali apportate, attestandosi mediamente a 100-115 quintali ad  ettaro ottenibili da 3-4 tagli (5 tagli in stagioni particolarmente favorevoli) di cui il primo, il più abbondante, si effettua nella prima metà di maggio mentre gli altri vengono effettuati a distanza variabile di 35/40 giorni. Il primo taglio fornisce un foraggio ricco di graminacee, mentre le leguminose prevalgono nei mesi estivi. I prati stabili assicurano quindi un foraggio di ottima qualità, capace di rispondere in modo equilibrato alle esigenze alimentari del bestiame.

I prati stabili costituirono nell’antichità una delle principali risorse per l’alimentazione delle bovine da latte destinate alla produzione di Parmigiano Reggiano, tanto che il vigente “Regolamento per l’alimentazione delle bovine”, parte del “Disciplinare di produzione del Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano “, cita (art. 4) al primo posto “i foraggi freschi e affienati ottenuti da prati naturali, da prati stabili polifiti (…)”.

I PRATI STABILI POLIFITI. ALL’ORIGINE DEI PROFUMI E DEGLI AROMI DEL PARMIGIANO REGGIANO

Non si tratta semplicemente di conservare  e tutelare un’antica tradizione, oggi sappiamo che le caratteristiche sensoriali e nutrizionali del Parmigiano Reggiano sono il risultato di un complesso e delicato equilibrio di fattori tecnologici e ambientali. 

Tra questi ultimi un ruolo fondamentale spetta all’alimentazione delle vacche da latte ed in particolare la presenza o meno di foraggi di prato, i quali dispongono di componenti volatili, ovvero vitamine e acidi grassi polinsaturi, capaci di trasmettersi al latte e che, nel caso di alcune specie, hanno enzimi capaci di modificare le caratteristiche dei formaggi. Sappiamo inoltre che la quantità di componenti volatili aumenta sopratutto nel caso della somministrazione di foraggi verdi.

Queste differenze, osservabili a livello chimico, possono essere riscontrate anche a livello sensoriale, come le indagini compiute attraverso appositi panel test (gruppi addestrati per le valutazioni sensoriali) hanno dimostrato. Il Parmigiano Reggiano che si ottiene mediante un’alimentazione quasi esclusivamente basata su foraggi verdi o affienati provenienti da prati stabili polifiti ha specificità sensoriali e nutrizionali diverse rispetto al Parmigiano Reggiano ottenuto attraverso un’alimentazione basata su altri foraggi come ad esempio erba medica. Il Parmigiano Reggiano da prati stabili è caratterizzato da una maggiore complessità e intensità di profumi, aromi e sapori e da una maggiore presenza di grassi insaturi, Omega-3 e Acido Linoleico Coniugato, caratteristiche nutrizionali particolarmente benefiche per la salute.

La tutela e la salvaguardia dei prati stabili assume rilevanza strategica, oltre che per i motivi agronomici legati alla filiera del Parmigiano Reggiano sopra descritti, anche per motivi naturalistico-ambientali. I prati stabili, infatti, caratterizzati dall’assenza di lavorazioni meccaniche ripetute e dal non impiego di fitofarmaci per la produzione, rappresentano habitat in grado di ospitare specie di flora e fauna rare o a rischio di estinzione.

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